
Recensione di Atypical
Scritto da Disagio Seriale Collaboratori-
Pubblicato: 15 Febbraio 2018

Poco pubblicizzata in Italia, nata da un’idea di Robia Rashid, e diretta da Seth Gordon, Atypical è la nuova, coraggiosa e delicata, produzione Netflix (qui il nostro "reasons why" no spoiler per cui vederla) che affronta il tema dell’autismo, da cui è affetto il giovane protagonista, Sam(Keir Gilchrist), e lo tratta prettamente dal punto di vista delle sue esigenze relazionali. In un simile contesto che si giostra tra l’ambiente scolastico e quello familiare, la prima stagione si mantiene in equilibrio tra la commedia e il dramma, nel modo più verosimile possibile e nel tentativo di scongiurare ogni rischio di banalizzazione.
Tuttavia riesce a dividere l’opinione in due ed attirare a sé anche una scia di critiche negative. Non convince né coloro che conoscono da vicino la sindrome dello spettro autistico, né chi relega Atypical entro un trend di produzioni preferenziali di spettacoli a tematica adolescenziale (13 Reasons Why, Greenhouse Academy, To the Bone), che interessano o sono comunque rivolti ad una fascia di pubblico molto forte nella logica del botteghino.
Malgrado ciò, invitiamo a considerare come un valore aggiunto l’essere riusciti a non fare rattrappire la serie su un discorso monotematico. Se la trama si snoda per mezzo di espedienti classici o scontati e conta su qualche cliché, questo elemento sembra più dovuto alla volontà di alleggerire e semplificare una materia a tal punto seria affinché possa essere accolta efficacemente da un pubblico vasto - non per forza informato o specializzato -, che non alla mancanza di ispirazione, di sensibilità, o alla ricerca di uno share garantito.
Attorno alla figura di Sam, colonna portante dello sviluppo della storia, e dalle sue “stranezze”, si delinea una narrazione corale, in cui le vicende sentimentali del protagonista sono poste accanto a quelle dei suoi affetti. Sotto un velo di gag e trovate di una comicità talvolta basica, si scopre quindi un substrato più profondo.
Ogni personaggio diventa il perno di una riflessione aperta sui concetti di “normalità” ed “atipicità”, di cui la serie cerca di ridimensionare i confini.
Il modo in cui vengono tratteggiati i familiari ci mette di fronte alla portata dei sacrifici che essi hanno compiuto, alle difficoltà che hanno incontrato per riuscire ad entrarvi in contatto, ai risultati che non hanno ottenuto, ma ci mostra anche le decisioni che il proprio Ego sacrificato li spinge a prendere.
In questo processo va tenuto conto della problematicità di interpretare una parte tanto complessa, quale quella di Sam, e della riuscita di una recitazione dalle espressioni trattenute, ben supportata nella versione italiana da un doppiaggio tutto sommato credibile.
TRAMA. Sam è uno studente di diciotto anni, lavoratore, amato e seguito da una famiglia presente e protettiva. Come tutti i ragazzi, vorrebbe sentirsi accettato e piacere per ciò che è, anche a scuola, ma per via dei comportamenti atipici che assume, la frequenza con cui si agita e la forte passione per la biologia - in particolare la sua ossessione per i pinguini dell’Antartide - viene isolato ed allontanato, specialmente dalle ragazze, le quali non sembrano interessarsi ad un tipo così strano.
Sa bene che può sempre contare sulla sorella minore, Casey (Brigette Lundy-Paine), la quale dimostra di essergli molto legata, di capirlo e di sentirsi responsabile per lui. Spesso a scapito delle proprie aspirazioni. Casey lo controlla nei corridoi della scuola e provvede a dargli soldi per il pranzo, gli dà consigli preziosi per fare bella figura agli appuntamenti, ma soprattutto lo tutela, in casa, dall’apprensione e dalle imposizioni della madre, Elsa (Jennifer Jason Leigh).
Ad Elsa preoccupa il bisogno di Sam di trovarsi una ragazza, primo perché per lei è una novità - una madre non sembra mai pronta a questo passaggio nella vita dei figli -, secondo perché ha paura che i disturbi che lo affliggono non gli consentiranno mai di diventare indipendente, né di essere compreso al di fuori della famiglia, meno ancora a questa età. Teme che gli verrà spezzato il cuore, e, ancora più a fondo, che finirà per non essergli più indispensabile, per questo se la prende con la giovanissima terapeuta da cui Sam è in cura, Julia (Amy Okuda).
In una seduta, Julia confida di avere un fratello affetto da autismo, al quale però non era stato diagnosticato in tempo perché si potessero sviluppare al meglio le capacità verbali e motorie. Vuole evitare che a Sam vengano precluse esperienze fondamentali per il suo benessere e per la sua indipendenza e, dal momento che, secondo i suoi studi, a causa della mancanza di stimoli esterni, solo una piccola percentuale di pazienti ad alta funzionalità (come Sam) intreccia relazioni amorose, la giovane psicologa si sbilancia nell’incoraggiarlo a stabilirne una, e fa scattare in lui la molla che sfocia in una ricerca tenera, ingenua, ma ossessiva.
Per riuscirvi, Sam inizia a studiare delle tecniche di seduzione. Osserva i compagni nei corridoi, segue dei blog sull’argomento e chiede a sua sorella di spiegargli come funziona l’universo femminile. Durante questa ricerca, scopre un nuovo alleato e consigliere quando racconta a suo padre, Doug (Michael Rapaport), di essersi innamorato, senza però specificargli di chi si tratti. Una tale confidenza getta le basi per la ricostruzione di un rapporto padre-figlio che non si era mai completamente formato, ma al contempo genera un fraintendimento e dei consigli mal canalizzati.
Convintosi che, per poter essere corrisposto debba prima prepararsi facendo pratica con altre ragazze, Sam si fa “aiutare” dall’amico e collega, Zahid (Nik Dodani), a fare colpo sulle clienti del negozio - con metodi e risultati ridicoli. Mosso dallo stesso fine, lascia che Paige (Jenna Boyd), sua compagna di corsi chiacchierona e innamorata persa, gli si avvicini e scopra quanto sia difficile entrare nel suo mondo.
Gli aspetti comici che scaturiscono dall’atipicità di Sam non sono fini a se stessi, al contrario di ciò che avviene in Big Bang Theory con Sheldon Cooper. Non potendo ignorare i parallelismi tra i due protagonisti, pur considerando che, in entrambi i casi, la comicità delle rispettive serie si basa principalmente sulle due forme di asocialità, qui gli espedienti che essa genera ci mostrano quanto sia complicato per Sam afferrare ciò che, sulla carta, per gli altri dovrebbe essere a portata di mano.
Ci rendiamo conto che, pur generando situazioni comiche, non è divertente il fatto che Sam non sappia quanto ampiamente si debba sorridere per non spaventare le persone, e che gli debba essere spiegato dalla psicologa; che, quando raccoglie informazioni su come conquistare le ragazze, applichi acriticamente ciò che impara sulle emozioni, perché non riesce a decifrarne le espressioni facciali, che la schiettezza con cui si rivolge agli altri sia una lama a doppio taglio, che può suscitare ammirazione, o li può ferire; o che dietro la descrizione ossessiva delle classi dei pinguini, e il periodico, a tratti poetico, comparare comportamenti animali a meccanismi umani, si celi il disagio di non sapere reagire ad una delusione o alla sofferenza che una data circostanza causa al protagonista.
Tutto questo ci fa sorridere, solo perché impariamo a riconoscere la sua voglia di mettersi in gioco nonostante gli ostacoli, e perché sappiamo che è attorniato da affetti che lo indirizzano e supportano.
Proprio perché si tratta, il più delle volte, di una ilarità che fa riflettere e insegna, non dovrebbe essere letta come un elemento strumentalizzato e volto a schernire.
Bisogna infine tenere presente che per la componente comica, da cui è dominata questa prima stagione, esiste il rovescio della medaglia. Atypical è pur sempre un ibrido - non perfetto ma che promette un buon margine di miglioramento -, pertanto prevede una controparte drammatica, che si esplicita con l’avvicinarsi del finale, dopo essere rimasta a lungo sottesa, e che apre nuovi scenari.
Netflix ne ha già annunciato una seconda stagione e noi non abbiamo alcuna intenzione di perdercela!
Neuro Carenze
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